L'episodio fa parte della storia di Giuseppe, una sezione della Genesi che va da 37,2 a 48,22. Giuseppe, figlio prediletto di Giacobbe, viene venduto come schiavo dai fratelli invidiosi, e dopo alterne vicende finisce nelle carceri del faraone egiziano. Qui comincia a interpretare con successo i sogni dei detenuti. Dopo due anni in quella condizione, viene chiamato a corte a interpretare due angosciosi sogni del faraone.
Nel primo, il faraone sogna di trovarsi in riva al Nilo: "ed ecco salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco, dopo quelle, sette altre vacche salirono dal Nilo, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime [...] Ma le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse".
Il secondo sogno è analogo al primo: il faraone sogna sette spighe "grosse e belle" spuntate da uno stelo, e poi sette spighe arse e vuote, che inghiottono le prime.
Giuseppe interpreta i sogni come un messaggio divino: vi saranno sette anni di abbondanza in tutto l'Egitto, seguiti da sette anni di carestia. "Quanto al fatto che il sogno del faraone si è ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si limita a seguirla. Giuseppe non si limita all'interpretazione, ma dà anche suggerimenti su come gestire la situazione: il faraone dovrebbe trovare "un uomo intelligente e saggio" e metterlo a capo di una rete di funzionari che prelevi un quinto di tutti i prodotti egiziani durante i sette anni di abbondanza, creando così una riserva per i sette anni di carestia. Il faraone affiderà il compito allo stesso Giuseppe.
La profezia del sogno è destinata ad avverarsi: non solo, ma sette anni dopo, la carestia farà incontrare Giuseppe coi suoi fratelli, venuti in Egitto per acquistare grano.